Cos’è il blockchain e perché potrebbe cambiarci la vita

La società torinese Reply è all’avanguardia di una nuova tecnologia nata dai Bitcoin che promette di rivoluzionare le transazioni e i passaggi di proprietà

Dopo essere rimasta sottotraccia per alcuni anni, nascosta nell’ombra de iBitcoin, moneta elettronica creata nel 2009 da Satoshi Nakamoto, la tecnologia Blockchain ha iniziato a emergere prepotentemente sul finire del 2014.

E nell’ultimo anno si è registrata una significativa accelerazione sul tema: gli investimenti nel Fintech si stanno sempre più concentrando su idee basate sulla blockchain technology, e le 42 più importanti banche internazionali si sono unite in un’iniziativa R3, che vuole definire standard per l’utilizzo della blockchain in ambito interbancario.

La torinese Reply, specializzata nella progettazione e nell’implementazione di soluzioni basate sui nuovi canali di comunicazione digitali, attraverso il Reply Blockchain Competence Center sta studiando il mercato ed ha realizzato i primi acceleratori tematici, attraverso i quali ha messo a punto alcuni strumenti per facilitare l’utilizzo della blockchain technology, in diversi campi.

 

LA DEFINIZIONE DI BLOCKCHAIN

Blockchain è un nuovo paradigma destinato a rivoluzionare profondamente il sistema economico, modificando alla base i concetti di transazione, proprietà e fiducia. Sul suo sito, Reply ne offre una definizione illuminante: si tratta di un «registro transnazionale sicuro, condiviso da tutte le parti che operano all’interno di una data rete distribuita di computer. Registra e archivia tutte le transazioni che avvengono all’interno della rete, eliminando in definitiva la necessità di terze parti “fidate”». Il nome deriva dalla sua natura distribuita: ogni nodo del network svolge un ruolo nella verifica delle informazioni, inviandole al successivo in una catena composta da blocchi, blockchain appunto.

 

«Il mondo si è da sempre basato sullo scambio di beni che hanno un determinato valore – spiega Fausto Jori, Partner di eFinance Consulting Reply –. In tempi remoti lo scambio avveniva fisicamente, poi si è passati alla necessità di introdurre terze parti che fungessero da garanti dello scambio, con la tecnologia blockchain lo scambio può avvenire con un elevato livello di sicurezza, certificato dalla rete, senza la necessità di un garante».

DAI BITCOIN ALLA BLOCKCHAIN

In principio furono i bitcoin, moneta elettronica, ai più sconosciuta. Era il 2009. Se ne iniziò a parlare quasi tre anni più tardi, in riferimento al “dark web”, come moneta anonima utilizzata principalmente per acquisti illegali. «Tra 2014 e 2015 gli esperti hanno capito che la cryptomoneta non era altro che un’applicazione sulla tecnologia blockchain – spiega Jori – E a quel punto ci si è chiesti: perché non usare questa tecnologia anche per altro? Da quel momento c’è stata una vera esplosione: le pubblicazioni accademiche sulla blockchain sono passate dalle 71 del 2013 a 267 l’anno successivo. Inoltre, sempre nel 2014 player come Visa e MasterCard hanno iniziato a manifestare interesse all’argomento». Insomma, i tempi erano maturi. I temuti bitcoin passano decisamente in secondo piano, ma emergono le svariate potenzialità della tecnologia blockchain.

«Le banche, che in un primo momento vedevano i bitcoin come una potenziale minaccia, hanno iniziato a intravedere le opportunità – spiega Claudio Bombonato, Consigliere Esecutivo di Reply – Le applicazioni della blockchain in ambito finanziario sono enormi: le banche e la finanza si basano sullo scambio di valori attraverso sistemi complessi. Entra in gioco una catena di enti di regolamentazione per garantire le transazioni; questa tecnologia porta grandi benefici in termini di semplificazione, abbattimento dei costi, eliminazione delle terze parti e in più offre una sicurezza totale e un grado di semplicità stupefacente».

Insomma, la tecnologia c’è, funziona dal 2009 ed è stata abbondantemente testata dai bitcoin. Ma non si tratta solo e tanto di questione tecnica, quanto piuttosto normativa. E a complicare la questione è la complessità e trasversalità del tema blockchain: non tocca ua solo settore, ma molti e anche molto diversi tra loro.

AREE DI IMPATTO.

L’ambito finanziario è in generale quello più attivo sul tema blockchain, ma non l’unico. Sulla questione dell’identità digitale ci sono sperimentazioni interessanti, come quella di Bitnation, che mira a riconoscere un’identità e dei diritti airifugiati a livello transnazionale, fornendo loro atti di proprietà basati sulla tecnologia blockchain. E proprio in tema di diritti e passaggio di proprietà le applicazioni sono numerose e potenzialmente rivoluzionarie; così come in ambito smart city e Internet of Things, dove la blockchain è molto preziosa per certificare l’attendibilità delle informazioni trasmesse da oggetti e sensori.

 

 

Il recentissimo studio “State of Bitcoin and Blockchain 2016” stila una classifica delle aree su cui i top manager intervistati pensano sarà maggiore l’impatto della blockchain: guida la finanza (77%), seguita da identità (54%) e titoli di proprietà (38%); appaiate al 23% la comunicazione tra oggetti e machine to machine e i casi di coordinamento decentrato.

È principalmente su queste aree, che da due anni, Reply, prima in Italia, ha iniziato a lavorare. «Abbiamo alcuni acceleratori già pronti e operativi, dove si sperimenta costruendo modelli – spiega Bombonato –. Sul finire del 2015 abbiamo coinvolto il Politecnico di Torino, quello di Milano e l’Università tedesca di Aachen in un Tech Clash a tema blockchain, ne sono uscite idee fresche e stimolanti. Inoltre stiamo lavorando con alcune grandi banche e in ambito assicurativo, con Generali Italia».

COMPETENCE CENTER REPLY SULLA BLOCKCHAIN

Gli ambiti nei quali Reply si sta muovendo sono quelli dell’Internet of Things; quelli in cui sono richieste elevata trasparenza e sicurezza, quali le votazioni a scrutinio pubblico, in cui la Blockchain Technology utilizza le cryptomonete per garantire sia la certezza del voto e sia la trasparenza dello scrutinio. O ancora nella gestione dei titoli di proprietà: il Blockchain accelerator gestisce il cambio di proprietà di oggetti digitali e fisici, attraverso la scrittura nel registro della blockchain di una transazione, dove risultano certi e immodificabili l’identità del venditore e dell’acquirente, l’identificatore univoco del bene e la marca temporale. «Abbiamo costruito un pezzo di software sulla tecnologia blockchain che permette di scambiarsi oggetti, il sistema è rapido e sicuro – spiega Jori –. In Ghana lo stanno utilizzando e funziona. Discorso simile per quanto riguarda il ticketing, penso ad esempio ai titoli di viaggio o per il trasporto delle merci: abbiamo avviato delle sperimentazioni con sistemi di trasporto pubblico locale, con buoni risultati».

Tra i primi progetti implementati, Reply ha utilizzato la “Blockchain Bitcoin” per registrare e memorizzare il codice sorgente del software della neonata iniziativa del Gruppo Sator, Tinaba. In questo caso, la tecnologia funge da “notaio internazionale”, che registra il codice sorgente, il nome del proprietario e il momento della registrazione. Il tutto protetto da una chiave crittografica, che evidenzia la proprietà del software ma rende impossibile l’utilizzo del codice.

Tra gli altri sviluppi delle Blockchain Technology, Reply ha definito l’architettura che abilita la propria piattaforma per i mobile payments, HI Credits, ai pagamenti in Bitcoin e ai trasferimenti monetari.

SVILUPPI FUTURI

Per quanto riguarda i tempi di impatto della “rivoluzione blockchain” è necessario un distinguo: «Laddove una singola azienda o un ristretto gruppo di aziende può agire senza dover toccare l’impianto legislativo e normativo, potremo vedere i primi risultati entro l’anno – spiega Bombonato –. Diverso se ci vogliono grossi accordi dentro l’ecosistema di riferimento o a livello legislativo. Facendo l’esempio delle banche, i tempi saranno piuttosto brevi dove il singolo istituto può agire senza aspettare la BCE o la Banca d’Italia, diversamente si parla di anni. Anche se una spinta delle banche più grandi del mondo, come nel caso di R3, potrebbe accelerare i tempi». Provando a offrire uno sguardo d’insieme Jori aggiunge: «Per quanto riguarda il raggiungimento di una stabilità tecnologica il 2016 sarà un anno prezioso, dal 2017 arriveranno le applicazioni concrete».

Provo un azzardo: e dunque arriveremo a vendere case senza dover ricorrere al notaio? «In Italia?», rispondono all’unisono. Dopo un attimo di silenzio, è Jori a concludere: «Se devo rispondere senza riferimenti geografici: sicuramente sì».

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